giovedì 27 marzo 2014

Primavera

Siamo in primavera. Strano a dirsi con questo tempo, ma è così. È un dato inequivocabile. Certo non è il caso di parlare delle condizioni metereologiche, perché non spetta a me farlo. Pur essendo consapevole che la pioggia per un napoletano è un fatto insopportabile. Soprattutto in questo periodo, dove molti partenopei già desiderano spogliarsi dei cappotti e andare al mare. Ma lo faranno presto. Al primo raggio di sole, indipendentemente dai gradi. Per il napoletano medio è così. Io non faccio testo perché ho sempre sofferto il freddo. Chi non ha questo problema, non potrà mai capire che, per quelli come me, il disgelo inizia a maggio. Tuttavia non voglio scrivere di ciò. 
La primavera va osservata anche e soprattutto come una condizione esistenziale. Senza entrare in cavillose questioni accademiche e lessicali, essa dovrebbe rappresentare una rinascita. Per ognuno di noi. Nessuno escluso. Dovrebbe essere la possibilità di guardare il mondo con occhi nuovi. Di lasciare il vecchio sé alle spalle e riporlo nell’armadio. Di decidere di cambiare. Non il mondo, perché tanto non cambia. Ma noi stessi. Bisogna trasformare il modo che abbiamo di osservare la realtà. Solo così saremo capaci di accettare il nuovo.

venerdì 21 marzo 2014

Le parole che non arrivano

Spesso tutti noi ci troviamo in momenti non facili. Periodi in cui abbiamo bisogno di essere ascoltati o accolti. Altre volte invece siamo felici per qualche motivo, e sentiamo lo stesso desiderio di reciprocità verso qualcuno. Per condividere la gioia, o anche per comunicarla. Del resto la socialità è un bisogno primario dell’uomo e il dialogo è alla base di questa dinamica. Eppure a volte qualcosa non c’è. Talora mancano quelle parole che avremmo voluto ascoltare. Spesso nella sofferenza, più che nella gioia, esse vengono meno. Soprattutto da quegli amici da cui avremmo voluto essere compresi, accolti e confortati. Essi non ci riservano nulla di tutto questo. E noi stiamo lì giorni interi ad attendere che qualcosa arrivi. Siamo inermi. Come bambini aspettiamo ferventi che quell’amico prima o poi ci dica qualcosa.  Invece non arriva. Nessuna parola, nessun messaggio, nessun whatsapp. Quasi un paradosso nell’era dell’ipercomunicazione. Quella in cui i mezzi di comunicazione sono aumentati in un numero spesso sovradimensionato rispetto alla reale necessità.

mercoledì 19 marzo 2014

Auguri (ai) Papà

Non avrei voluto scrivere nulla sulla festa del papà. Non sono mai stato un grande amante delle feste comandate dal marketing. Ma è pur vero che oggi questa ricorrenza ha un sapore sacrale, visto che si festeggia anche San Giuseppe. Allora una riflessione sulla paternità forse andava tentata.
Ho sempre pensato che l’essere padre è una condizione molto diversa da quella materna. La donna è mamma sin da subito. Lo è dentro, fino alle sue fibre più interne. All’essere padre invece ci si abitua. È un sentimento viscerale ed enorme come quello femminile, eppure pare conservare una dose di razionalità. Probabilmente la mia resta una supposizione da verificare. Probabilmente ognuno vive questo sentimento in maniera diversa. Come è giusto che sia. Come tutti i sentimenti. Che per quanto condivisi, restano unici per chi li prova.

martedì 18 marzo 2014

Cultura come...

Una delle parole più usate e forse inflazionate è ‘cultura’. Ovviamente essa può avere centinaia di sfumature, accezioni e significati. Sarebbe complesso inglobarle tutte. Probabilmente la sola operazione di classificarle risulterebbe dispendiosa e priva di frutti significativi. Vero è che un umanista dovrebbe sempre interrogarsi su questo concetto. Come teoria, ma anche come stimolo alla riflessione. Affinché il suo lavoro non sia un vano studiare fine a se stesso o all’autoreferenzialità della cultura in quanto tale.
A mio avviso, il concetto di cultura può avere due accezioni fondamentali. Almeno in via assolutamente preliminare. Essa da un lato può essere l’insieme delle esperienze intellettuali legate ad un percorso formativo. Quindi sarà il totale delle conoscenze, più o meno specialistiche, derivate dalla scuola. Dall’altro però è possibile rintracciare un significato più ampio. Quest’ultimo appare il più interessante e proprio con esso vale la pena misurarsi.

mercoledì 12 marzo 2014

I "perfetti" fidanzati 2

Il post sui perfetti fidanzati ha riscosso più successo di quanto io stesso mi aspettassi. Nello specifico, si parlava di alcuni dei possibili luoghi comuni circa un uomo che si fidanza. Una data categoria di maschio, sia chiaro. Quella che si potrebbe definire del paguro Bernardo. Perché prende modi e stili di vita dell’organismo ospitante, ovvero la donna. Esistono tuttavia altri cliches sul rapporto di coppia. Ma anche dinamiche assai interessanti, che possono continuare a far sorridere. 
Sorvolo sulle terribili uscite a quattro, su cui mi sono già rapidamente espresso. Anche perché a me fanno una tristezza rara. Peggio delle suddette esistono poche cose. Una di esse è sicuramente la querelle che si innesca quando due amici si innamorano. Cioè, non i casi in cui sono entrambi innamorati. Perché là va tutto bene, è ovvio. Si amano, si fidanzano, si baciano e vissero tutti felici e contenti. I problemi sorgono laddove uno dei due vuole cambiare lo status della relazione amicale. Spesso capita all’uomo. Dico questo non solo per esperienza personale, ma anche e soprattutto per racconti di amici.

martedì 11 marzo 2014

Scrivere

È presto per pensare di fare dei bilanci. Parlerei piuttosto di riflessioni sulla scrittura. Considerazioni che nascono quasi spontanee, dopo aver osservato l’andamento del blog. Come scrissi all’inizio di questa avventura, io stesso ci credevo poco. Mi aveva spinto un amico e quasi per scherzo avevo accettato. Diceva di leggere i miei status. Forse già allora iniziai a comprendere che la scrittura veicola una potenza comunicativa alla quale l’autore stesso sembra sottrarsi. Col tempo si è progressivamente fatta strada una consapevolezza che prima era un sentore. Quasi una intuizione. Oggi tale consapevolezza inizia invece ad avere una forma più compiuta e delineata. Ma questo non significa che sia finita qui, potrebbe evolversi in modi e forme, che al momento non immagino nemmeno. Pertanto credo vada monitorata e osservata.

lunedì 10 marzo 2014

Cambiare

Questo post nasce dopo qualche giorno di silenzio e riflessione. Un periodo non troppo lungo, ma pieno di svolte emozionali importanti. Stravolgimenti, turbamenti, schiarite. Come se dei pensieri nuovi si fossero fatti strada fra quelli vecchi. Le idee che ne sono nate sembravano strane, perché mai battute prima di ora. Pareva di indossare un paio di scarpe nuove, appena comprate. Sono belle, ma sono scomode perché non ci abbiamo ancora fatto l’abitudine. Insomma questi pensieri entravano nella testa come un vento gelido. Era paura mista a incertezza. La paura di ciò che non si conosce. L’incertezza di non sapere e di non poter prevedere il risultato. Eppure le idee vecchie erano così stanche da essersi ormai consunte. Erano implose nel loro stesso essere senza lasciare traccia alcuna, a parte un deserto di gelo. Si erano svilite fino a diventare polvere. Stanche e sfatte come erano ormai diventate. E allora non si poteva non cambiare. Andare avanti. Lasciar svanire quei vecchi pensieri.

mercoledì 5 marzo 2014

Un tempo che vale una vita

Questo post nasce un po’ su richiesta, un po’ per caso. La richiesta di alcuni vecchi amici che vogliono far raccontare se stessi. Il caso come occasione per riflettere.
Ci sono sabato sera nella nostra vita che valgono più di altri. Non per la quantità di divertimento o per l’uscita più di effetto. Ma per la qualità del tempo speso.
Proprio il tempo è una delle dimensioni più importanti della nostra vita, che scorre in esso e attraverso di esso. Il tempo ci allontana, ci avvicina, ci migliora, ci peggiora, ci invecchia, lenisce le ferite e ne apre di nuove. Tutto avviene per il tempo. Eppure esso continua ad essere una dimensione puramente soggettiva. Nonostante un fluire nella storia inevitabile, ognuno di noi continua a vivere il tempo come categoria dello spirito. E allora esistono momenti indimenticabili. Per dolore o per gioia. Oppure ci sono attimi che sembrano eterni nel loro nulla. Si potrebbe continuare a lungo. 

martedì 4 marzo 2014

(Io odio) il Carnevale

Io odio il carnevale. È inutile farne mistero o girarci attorno. Non ricordo quando abbia iniziato ad odiarlo. Ammesso che lo abbia mai amato. Da bambino come tutti i miei coetanei mi travestivo. O venivo travestito. Poca differenza quando si è così piccoli. Adoravo mascherarmi da supereroe, possibilmente con mantello. Poi crescendo iniziarono i primi travestimenti alla moda o imbarazzanti. Ricordo un anno un vestito da punk con lacca colorata. Passai metà della serata a grattarmi come un lemure in calore. Un’altra volta fui vestito pure da tirolese. Facevo ridere, davvero. Ero anche grassoccio e le bermuda scozzesi e i calzini con palle pendenti non erano proprio il massimo. Ma tant’è. È la vita.
Forse il mio odio per il carnevale era latente già alle scuole elementari, quando la maestra ci costringeva a fare degli striscioni con le stelle filanti. Io ero un pasticcione terribile. Così mentre i miei amici riuscivano a tirare fuori lunghi filari floreali, io a stento avevo incollato due anelli e tre dita.

lunedì 3 marzo 2014

La danza a Napoli: un mercato nero?

Essere un artista non è semplice. Ma se al tempo stesso si è anche intellettuali la cosa si complica ulteriormente. Questa singolare condizione se da un lato rappresenta un’ottica privilegiata da cui guardare i fatti, dall’altro porta ad una sorta di tristezza straniante rispetto alla realtà osservata. È questo il caso di chi esamina la situazione della danza a Napoli. Da ballerino mi sono spesso interrogato sull’utilità di parlare dell’autarchia locale in cui la disciplina coreutica versa. Ormai numerosi programmi televisivi hanno diffuso la conoscenza della danza e dei suoi meccanismi presso il grande pubblico, che troppo spesso si sente investito di capacità critiche e di giudizio per il solo fatto di ‘aver visto in tv’. Eppure questo non è certo l’aspetto più problematico su cui occorre porre l’accento. Più di una volta, con altri colleghi ballerini ci siamo domandati fino a che punto a Napoli esista una cultura della danza. Non è forse una vera a propria sottocultura?