Mi sono chiesto parecchie volte cosa significhi
avere trenta anni. Me lo sono domandato sempre più spesso da quando ce li ho. Ma
soprattutto in concomitanza dei milioni di link che affollano i social, come fossero amarcord. Un moderno tema dell’ubi
sunt, in cui ogni volta ci si ricorda di chi eravamo o di come siamo cresciuti.
Eravamo quelli dello ‘Ciao’ Piaggio e della ‘Nintendo Sessantaquattro’. Delle tartarughe
ninja e dei power rangers. Ma chi siamo davvero oggi? Cosa sono questi trenta
anni, al di là di ciò che siamo stati? Magari fosse facile a dirlo.
Credo che siamo quelli a cui la vita ha dato tanto,
ma ha tolto lo stesso. Quelli cresciuti nel benessere, ma a cui la crisi ha
tagliato i sogni. Quelli che si reinventano ogni giorno. Che vivono l’attimo, perché
privati del domani. Siamo quelli del divertimento e delle feste. Degli aperitivi
che si chiamano happy hours. Quelli delle palestre e del fitness. Quelli dei
rapporti di coppia sempre più complicati. Non abbiamo vissuto la guerra, ma
viviamo un momento storico altrettanto pesante. Siamo quelli che se non ci
fossero mamma e papà, sarebbe dura. Troppo dura.