lunedì 10 febbraio 2014

Una gioia che...

Sono sempre più convinto che si debba imparare a gioire delle piccole cose. In un momento storico come quello attuale noi trentenni siamo una generazione maledetta. Ma senza i fascinosi echi letterari a cui qualcuno potrebbe pensare. Paradossalmente siamo fra le generazioni più colte e formate del secolo, ma senza certezza. I sociologi parlano di blocco del cosiddetto ascensore sociale. In pratica all’aumentare della scolarizzazione non corrisponde un avanzamento sociale. Questo si traduce in trentenni incapaci di
essere autosufficienti. Meno male che esistono mamma e papà, insomma.
Questa condizione non ha ricadute solo sul piano socio-economico. Perché onestamente di quelle non sappiamo che farcene, almeno noi. Tutto ciò sarà di certo materia per gli accademici, che spenderanno fiumi di inchiostro per osservare e descrivere un dramma sociale. A me personalmente interessa la vita. Quella che la crisi
ci sta consumando e risucchiando via. Una vita che non riusciamo a realizzare. Una vita che ci stressa. Una vita senza certezze. Una vita in cui la precarietà diventa una cifra esistenziale e non solo economica. Siamo precari nel lavoro, nei sentimenti, nelle mode, nelle scelte. Non perché siamo la generazione dello svago. Ma perché siamo la generazione a cui resta solo possibilità di divertirsi, per non pensare a un dramma. Il nostro è un riso nero, amaro, terribile da digerire. Siamo anche la generazione degli psicoterapeuti. Ma se ci divertissimo davvero così tanto, perché ne dovremmo aver bisogno? Perché dobbiamo imparare a convivere con dei problemi a cui non possiamo dare una soluzione. Essi di fatto sono indipendenti dalla nostra volontà. Eppure bloccano e immobilizzano la volontà stessa. E allora che possiamo fare? Onestamente me lo domando spesso anche io. Forse converrebbe davvero iniziare a gioire delle piccole cose. Un caffè con gli amici, una pizza, mamma che cucina il tuo piatto preferito, un cornetto caldo a colazione, il sorriso di un bambino. E non sono banalità o frivolezze. Sono l’unica cosa che ci resta.  Anche se a volte maledettamente non basta. Ridiamone amaramente

Nessun commento:

Posta un commento