martedì 11 febbraio 2014

Il coraggio di chi perde: gli italiani e l'estero

Essere italiani all’estero è una situazione sempre più comune. Vanno escluse le vacanze, ovviamente. Lì ogni italiano medio trova tutto bellissimo e civilissimo, tranne il cibo. Peccato però che questa esperienza nel mondo civile non duri più di 7/15 giorni. I dolori iniziano dopo, è bene saperlo.
La scelta se andare o restare non è sempre semplice e gli stessi concetti di fuga e di coraggio andrebbero rivisti. Le mie riflessioni nascono perché mi sono ritrovato in questa situazione e la scelta non è stata facile.
Spesso si dice che chi va via ha il coraggio di fuggire da un paese che poco offre ai giovani. Soprattutto con questa crisi. È vero, oggi vivere in Italia è complicato e l’opportunità di un lavoro dignitoso appare
come una chimera. Eccezion fatta per coloro che hanno le chiavi giuste per aprire certe porte. Tuttavia scappare non è l’unica scelta. E credo sia altrettanto coraggioso restare e scegliere di essere una risorsa per il proprio paese. Chi va via ha il coraggio di scappare da un paese che non offre pressoché nulla. E chi resta? Io credo che anche chi resta abbia il coraggio. Ma quello di fuggire dall’idea di dover lasciare tutto e tutti per poter vivere. L’estero offre tanto e si vive bene. Ma io credo che il dna sociale italiano lo porteremo ovunque andiamo. Non è inusuale vedere italiani all’estero che si vedono con altri italiani. Qui non sanno mangiare, meglio una cena italiana; Questo tempo ci ammazza, meno male che tra poco si va in ferie e si torna a casa, sono alcune delle possibili e frequenti frasi che gli italiani all’estero ripetono. Fuori dal Bel Paese si ha la possibilità di trovare un lavoro e di vivere bene. Ma che lo si voglia o no, si resta sempre italiani. Ricordo ancora i discorsi ascoltati dai migranti a Bedford, ormai anziani. Erano felici e realizzati, ma ancora soffrivano per non aver vissuto una vita in Italia. Ci faremo seppellire a casa, dicevano. Spesso mi sono chiesto: ma loro hanno davvero vinto? Io non lo so. Ma penso una cosa. Sia che si parta, sia che si resti ci si rimette comunque. Se si sceglie di vivere fuori si rinuncia a quella italianità, che non potremo mai togliere da dosso. Ci sarà una sofferenza costante e latente, che affiorerà qua e là per tutta una vita. Chi resta invece inseguirà per sempre (forse) una chimera. Quindi non conta chi parte o chi resta. Tanto si perde comunque.


2 commenti:

  1. potresti anche dire che "chi resta" vince perchè nonostante le difficoltà che ha scelto di vivere, è felice di stare a casa e "chi va via" vince perchè affronta le sue paure, supera la nostalgia e vive una buona vita, anche se lontano da casa. Si può "vincere comunque". Dipende dai punti di vista, secondo me.

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    1. Certo, è ovvio. Ma sono partito da un'ottica diversa. E' chiaro poi che ogni scelta porta con sé rinunce e vittorie.

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