lunedì 24 febbraio 2014

La fortuna degli incompetenti

Il post odierno è molto più riflessivo del solito. Ha un sapore quasi filosofico, per quanto mi tenga ben lontano da categorie del pensiero così complesse e stratificate.
La crisi è un dato di fatto innegabile. Ha investito tutto e tutti e come un grosso Leviatano non ha risparmiato quasi nessuno. Anche se non mancano persone che con la crisi ci sguazzano e giocano talvolta col bisogno delle persone. Ma non è questo l’oggetto del post. Io credo ci sia ben altro all’interno del momento che stiamo vivendo. Forse assai meno evidente, talvolta impercettibile. Ma è così.

La storia ha ampiamente dimostrato che dentro ogni crisi fermentano dei piccoli semi di rinascita. Embrioni di novità e di svolta che, senza un momento di vuoto, sarebbero privati di quel periodo di incubazione, necessario alla vita. Nel frattempo però la recessione continua a mietere vittime. Persone che compiono gesti insani per le difficoltà cogenti sono all’ordine del giorno, purtroppo. Maledettamente. Tuttavia la crisi ha anche un aspetto sociale diverso e forse ancora più pubblico. La diffusione in rete. Fatto assolutamente nuovo e sconosciuto a tutti i periodi critici che ci hanno preceduto. Oggi attraverso internet non solo si spettacolarizzano in qualche modo le difficoltà delle persone, ma si assiste anche ad una diffusione delle richieste di aiuto e similia. Questo fatto consente più o meno a tutti di cercare una mano tramite il web. Sempre secondo indole e coscienza personale, è chiaro.
All’interno di questo fenomeno si annida un altro fatto degno di attenzione. Prima di esaminarlo va aggiunta la precisazione che la crisi ha prodotto, fra le altre cose, l’idea di doversi inventare un lavoro. Soprattutto fra i giovani. Ecco allora che spuntano in rete foto, immagini, video, blog, giornali on line e chi più ne ha più ne metta. Tutti pubblicizzano se stessi e i loro prodotti. Anche coloro che talento non ne hanno. Vista la scomparsa di un lavoro retribuito e  classicamente inteso, tutti ne inventano uno. Nascono stilisti, cuochi, grafici, fotografi. Insomma chiunque si può mettere sul mercato. Indipendentemente dal percorso pregresso e dalla effettiva competenza. Così si assiste alla mostra dell’approssimativo. Quante volte ci siamo imbattuti in persone sui social che pubblicizzavano i loro prodotti fra gli amici? Magari anche con semplici foto? E quante volte prodotti suddetti erano impresentabili?
Insomma la crisi parrebbe funzionare come una sorta di livella, che mescola buoni e cattivi, talentuosi e non. Ognuno può inventarsi un mestiere, pur non avendone competenza alcuna. Ma una condizione del genere porta in sé una sorta di paradosso teorico: anche chi non sa fare niente potrebbe avere successo. Perché impropriamente gode di quell’incubazione del nuovo di cui sopra. E grazie ad essa esce fuori da una crisi che ancora ci ammazza. E i buoni? Anche loro devono inventarsi un mestiere, ma magari non sanno farlo. Saranno quindi condannati a restare nell’ombra o nella disoccupazione. Perché oggi i social sono la chiave di accesso al mondo. Ma tutto ciò altro non è che l’ennesima faccia di un momento storico buio, che tende a falcidiare le sue risorse migliori. 

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