Tra le tante cose che amo osservare c’è sicuramente il
trash. Col tempo mi sono reso conto che a seguire certi tipi di fatti non erano
solo le persone di un dato gruppo sociale, ma molte di più. Ammetto senza
troppo pudore di seguire con interesse la cultura del trash. Anche se forse il
termine più opportuno sarebbe quello di sottocultura. Non veicola infatti
valori alti e formativi. Si limita a rappresentare tipi di vita e modelli esistenziali
assolutamente popolari, nella accezione più storicamente connotata del termine.
Ho progressivamente scoperto che il trash esercita un fascino nero a cui è
difficile resistere, anche fra intellettuali o persone di cultura medio-alta.
In fondo tendo a credere che tutti conosciamo i neo melodici o il boss delle cerimonie.
Va detto però che determinate fasce della popolazione lo seguono perché si
riconoscono nei valori e nei gusti veicolati. Altri li apprezzano come fonte di
risate e ironia, perché è un mondo troppo diverso dal proprio. Per esempio, ho
molti amici musicisti o storici della musica che amano i neomelodici. C’è un
fascino beffardo e grottesco che ci induce a guardare in vitro vite che mai
avremmo conosciuto, se non attraverso di loro. Come non amare testi come il
classico ‘mi piace macho, col pettorale depilato, il capello fonato, un
aspirante tronista’? Come si fa a resistere alla fazzolettata di don Antonio o
agli abiti ‘scivolosi’ delle spose? Insomma quasi tutti, che lo ammettano o no,
guardano certe cose. E non è un fenomeno solo napoletano. Penso al
prediciottesimo in Sicilia. Ma ricordo addirittura durante un convegno di aver
assistito ad una relazione su gruppi musicali dell’alto nord. Non troppo
diversi dai neomelodici. Insomma questa cultura fa parlare tutti. Sia coloro
che la amano e la seguono, come i carcerati dei vari padiglioni costantemente
salutati. Sia gli uomini di cultura che ridono, ma osservano con attenzione.
Onestamente aggiungo che da certe persone noi tutti
dovremmo imparare. Cosa? Sicuramente del sano menefreghismo. O autostima che
dir si voglia. Indossare leggins leopardati incuranti di avere due gambe come
il prosciutto di montagna. O mettere camicie strech ed avvitate, nonostante una
pancia da bisonte nord americano, fa di queste persone un modello di vita. Noi
tutti dovremmo infatti pensare meno agli altri e più a noi stessi. Indossando
quello che vogliamo e come lo vogliamo. Con l’unica premura di non superare il
pubblico decoro. Questo concetto però pare essere molto soggettivo. Soprattutto osservando i fautori del genere trash. Ma questa è un'altra storia.
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