lunedì 17 febbraio 2014

Cosa c'è peggio del lutto?

A tutti noi purtroppo è capitato di perdere una persona cara. È inevitabile. Eppure c’è una cosa peggiore del lutto stesso: le visite di condoglianza. Esse sono un modo per dimostrare affetto e vicinanza. Va bene, bisogna ammetterlo. Ma va pure detto che hanno un correlato tutt’altro che piacevole.
Quando facevo ricerca ero terribilmente affascinato dalle usanze funerarie. Erano tutte diverse e ricche di fascino antropologico. Ma oggi no. Non più. Oggi mi sono reso conto che l’umanità vera è ben altra cosa. Non è un concetto teorico o una ideologia. L’umanità è qualcosa di concreto e terribilmente vibrante. Non va studiata come fatto empirico. Ma va compresa, vissuta, osservata e perfino aiutata.

Ad ogni modo è possibile che dopo la perdita di un caro ci si ritrovi la casa piena di amici, parenti, conoscenti e gente quasi mai vista. Per giorni dopo la morte siamo costretti a rivivere quel tragico momento e a raccontarlo. Almeno tante volte quante sono le visite che riceviamo. Il che non è proprio bellissimo. Senza considerare che almeno qui a Napoli e dintorni c’è l’usanza di portare zucchero, caffè, dolci e biscotti. E chi più ne ha più ne metta. Vero è che la visita di condoglianza può rivelarsi un vero e proprio supplizio sia per chi la fa, sia per chi la riceve. Frasi come è un modo per dimostrare la vicinanza oppure dobbiamo andare, sono espressioni consuete per giustificare questa prassi. Insomma siamo talmente presi dal cosa va fatto, che nemmeno ci preoccupiamo se queste visite fanno piacere a qualcuno. Noi compresi. Spesso  finiscono per essere pura forma priva di contenuto. Una semplice pratica senza anima. Inutile dire che in simili occasioni le frasi fatte si sprecano. Siamo talmente preoccupati di assecondare l’usanza sociale, che poco badiamo ai reali sentimenti di chi ci sta attorno. Forse a volte farebbe piacere condividere il dolore solo con chi lo ha vissuto davvero, fra quatto mura all’ombra. Viverlo nei silenzi solitari di pochi intimi, che davvero ci comprendono ed empatizzano col nostro lutto.
Forse l’unica maledetta verità è che non sappiamo mai come comportarci di fronte alla sofferenza.


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