martedì 18 marzo 2014

Cultura come...

Una delle parole più usate e forse inflazionate è ‘cultura’. Ovviamente essa può avere centinaia di sfumature, accezioni e significati. Sarebbe complesso inglobarle tutte. Probabilmente la sola operazione di classificarle risulterebbe dispendiosa e priva di frutti significativi. Vero è che un umanista dovrebbe sempre interrogarsi su questo concetto. Come teoria, ma anche come stimolo alla riflessione. Affinché il suo lavoro non sia un vano studiare fine a se stesso o all’autoreferenzialità della cultura in quanto tale.
A mio avviso, il concetto di cultura può avere due accezioni fondamentali. Almeno in via assolutamente preliminare. Essa da un lato può essere l’insieme delle esperienze intellettuali legate ad un percorso formativo. Quindi sarà il totale delle conoscenze, più o meno specialistiche, derivate dalla scuola. Dall’altro però è possibile rintracciare un significato più ampio. Quest’ultimo appare il più interessante e proprio con esso vale la pena misurarsi.
Cultura è capacità di confronto con gli altri. È accettazione del diverso e curiosità ad aprirsi verso di esso. Senza preconcetti, ma con la voglia di comprendere e imparare attraverso ciò che è diverso da noi. Perché solo grazie al raffronto con l’altro possiamo arricchire noi stessi e riaffermare con forza le nostre radici e la nostra identità. Cultura è un’attitudine mentale. Un atteggiamento nei confronti della vita e delle persone. Significa accettare gli altri e i cambiamenti come nulla fosse, senza ricordare costantemente quanto era bello prima. Perché magari quel prima non esiste più. E il nuovo va abbracciato, sempre.
Sin da subito sono stato insofferente ai falsi intellettuali. Quelli che, seduti nei loro aurei palazzi, sdottorano sul mondo guardandolo dall’alto. Ho sempre provato fastidio per quelle grandi manifestazioni culturali pompose e patinate. Lì dentro si finisce per stuccare la cultura e renderla pura maniera. Eh no! La cultura deve essere un valore vivo e operante nella vita. Non va ridotta a puro sfoggio narcisistico di un sapere antico e patinato, che puzza di palazzo e naftalina. Bisogna che diventi pratica costante di uomini in carne e ossa.
Insomma la cultura, quella più bella, è conoscenza dell’umanità. Senza filtri letterari. Solo così ha senso e riempie la vita. Solo così la cultura diventa rispetto autentico della sofferenza e della diversità.


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