Una delle parole più usate e forse inflazionate è ‘cultura’.
Ovviamente essa può avere centinaia di sfumature, accezioni e significati. Sarebbe
complesso inglobarle tutte. Probabilmente la sola operazione di classificarle
risulterebbe dispendiosa e priva di frutti significativi. Vero è che un
umanista dovrebbe sempre interrogarsi su questo concetto. Come teoria, ma anche
come stimolo alla riflessione. Affinché il suo lavoro non sia un vano studiare
fine a se stesso o all’autoreferenzialità della cultura in quanto tale.
A mio avviso, il concetto di cultura può
avere due accezioni fondamentali. Almeno in via assolutamente preliminare. Essa
da un lato può essere l’insieme delle esperienze intellettuali legate ad un
percorso formativo. Quindi sarà il totale delle conoscenze, più o meno specialistiche,
derivate dalla scuola. Dall’altro però è possibile rintracciare un significato
più ampio. Quest’ultimo appare il più interessante e proprio con esso vale la
pena misurarsi.
Cultura è capacità di confronto con gli altri. È accettazione
del diverso e curiosità ad aprirsi verso di esso. Senza preconcetti, ma con la
voglia di comprendere e imparare attraverso ciò che è diverso da noi. Perché solo
grazie al raffronto con l’altro possiamo arricchire noi stessi e riaffermare
con forza le nostre radici e la nostra identità. Cultura è un’attitudine
mentale. Un atteggiamento nei confronti della vita e delle persone. Significa accettare
gli altri e i cambiamenti come nulla fosse, senza ricordare costantemente
quanto era bello prima. Perché magari quel prima non esiste più. E il nuovo va
abbracciato, sempre.
Sin da subito sono stato insofferente ai falsi
intellettuali. Quelli che, seduti nei loro aurei palazzi, sdottorano sul mondo
guardandolo dall’alto. Ho sempre provato fastidio per quelle grandi
manifestazioni culturali pompose e patinate. Lì dentro si finisce per stuccare
la cultura e renderla pura maniera. Eh no! La cultura deve essere un valore
vivo e operante nella vita. Non va ridotta a puro sfoggio narcisistico di un sapere
antico e patinato, che puzza di palazzo e naftalina. Bisogna che diventi
pratica costante di uomini in carne e ossa.
Insomma la cultura, quella più bella, è conoscenza
dell’umanità. Senza filtri letterari. Solo così ha senso e riempie la vita. Solo
così la cultura diventa rispetto autentico della sofferenza e della diversità.
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