Spesso tutti noi ci troviamo in momenti non facili. Periodi
in cui abbiamo bisogno di essere ascoltati o accolti. Altre volte invece siamo
felici per qualche motivo, e sentiamo lo stesso desiderio di reciprocità verso
qualcuno. Per condividere la gioia, o anche per comunicarla. Del resto la
socialità è un bisogno primario dell’uomo e il dialogo è alla base di questa
dinamica. Eppure a volte qualcosa non c’è. Talora mancano quelle parole che
avremmo voluto ascoltare. Spesso nella sofferenza, più che nella gioia, esse
vengono meno. Soprattutto da quegli amici da cui avremmo voluto essere compresi,
accolti e confortati. Essi non ci riservano nulla di tutto questo. E noi stiamo
lì giorni interi ad attendere che qualcosa arrivi. Siamo inermi. Come bambini
aspettiamo ferventi che quell’amico prima o poi ci dica qualcosa. Invece non arriva. Nessuna parola, nessun
messaggio, nessun whatsapp. Quasi un paradosso nell’era dell’ipercomunicazione.
Quella in cui i mezzi di comunicazione sono aumentati in un numero spesso
sovradimensionato rispetto alla reale necessità.
I motivi possono essere tanti, a volte giusti,
validi, veri. Altre volte no. Talora mancano del tutto, non ce ne sono affatto.
Ma che ci sia o meno una ragione del silenzio, essa fa male. Comunque. Lascia un
segno o una macchia a cui spesso può essere davvero difficile abituarsi. Vero è
che nelle grandi passioni, siano esse positive o negative, si scoprono tante
cose. E non parlo dei sentimenti facili e populisti come l’invidia, la strafottenza,
l’egoismo degli altri. Mi riferisco all’assenza. Che è cosa assai più profonda.
Lascia una cicatrice molto più viva e cogente in chi la prova. Fa male. Non c’è
che dire. Senza accusare nessuno, sia chiaro.
Forse quando ci sono momenti come le grandi gioie e
i grandi dolori non si provano solo sentimenti forti. Ma si capisce molto di
più. Del mondo, della gente, di chi ci sta intorno.
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