Sono svariati giorni che manco dal blog. E le ultime
cose che ho scritto sono stati dei soffi di romanzo. In genere i post avevano
sempre un tema specifico di cui parlare. Una riflessione, un pensiero. O anche
una semplice annotazione. Erano stati di animo e osservazioni. Forse erano anche
ciò che la letteratura seria chiama flussi di coscienza. Erano un modo di dialogare
con i lettori su qualcosa che osservavo o sentivo, e che mi andava di
condividere. Anche perché chi scrive avverte il bisogno di parlare alla gente.
Così ogni volta affrontavo un argomento che mi aveva stimolato, per
qualsivoglia motivo. Personale, familiare, sociale. E trovavo chi la pensava
come me, chi no. Ma il bello della vita è proprio la diversità delle opinioni.
La polifonia del pensiero.
Stavolta non scelgo un tema, ma tanti. Un po’ come i
vari status dei social network. Sono considerazioni un po’ sparse e slegate che
ho fatto in questi giorni di assenza, in cui ho riflettuto a spizzichi e
bocconi.
Ho pensato ai maniaci della palestra, che ora più
che mai si allenano per la prova costume, che scolpisce l’addominale e svuota
il cervello. Ho pensato a quanto mondo ignoriamo e invece andrebbe conosciuto. Ho
pensato alla esasperazione delle ideologie, pericolosa e ottundente. Ho pensato
alla sofferenza. Quella che ci rende adulti, a cui non possiamo sottrarci. Ho
pensato all’imprevedibilità della mente umana e delle donne in particolare. Ho
pensato alla difficoltà dei rapporti di coppia, sempre complessi e sfrangiati.
Ho pensato che non si deve cedere a facili populismi esistenziali. Ai quali
bisogna rispondere con la forza di accettare sfide ardue con coraggio e
determinazione. Ho pensato alla moda dei selfie, che mi ha già un po’ stancato.
Ho pensato alle serie tv, che amo guardare in streaming e in contemporanea con
l’America. Ho pensato ai casatielli e
alle pastiere con cui avete tempestato i social in periodo pasquale. Ho pensato
che a volte è meglio non pensare per un po’ e godersi la vita per ciò che è.
Con tutte le sue imperfezioni. Perché esse sono il cuore della vita stessa.
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