giovedì 19 giugno 2014

Siamo il popolo dei concorsi

Quello che negli ultimi giorni riempie la vita del sottoscritto è la costante presenza della modulistica per la scuola. Dalla domanda per l’inserimento in terza fascia (le supplenze insomma), fino ai moduli per l’improbabile test preselettivo del tfa (l’abilitazione). Lo faccio controvoglia, lo ammetto. Ma nessuna possibilità va esclusa. Soprattutto oggi, soprattutto per noi trentenni.
Non immaginavo però una serie di cose che ho visto e vissuto in questi giorni. Sono grottesche. Fanno ridere. Ma il sorriso è nero. Molto nero.
Innanzitutto è bizzarro che, a chi ha un dottorato, la legge italiana non dia nessun beneficio, se non dodici punti in più. Tre anni di ricerca e didattica universitaria non servono praticamente a nulla. Perché se per legge ogni dottorando è tenuto alla didattica universitaria, per quella stessa legge non può insegnare a scuola, né può considerarsi già abilitato. Nonostante sia vincitore di un concorso di livello superiore e nonostante, paradossalmente, abbia insegnato in varie forme all’università. Non voglio estendere il discorso alle pubblicazione scientifiche internazionali, perché quelle non vengono neanche considerate. Nemmeno un punto. Già! Un poverino che porta avanti la ricerca, da cui nasceranno i futuri docenti scolastici, che ne può sapere di come si insegna? Quello che conta sono i punti! E anche la patente europea per il computer. Che… scherziamo?! Per la legge sono queste le cose importanti che danno punti! E come me, in questa situazione, si trovano centinaia di persone.
Ancora più bizzarro è che per lavorare a scuola si debba fare un calcolo meticoloso e cervellotico di crediti. E se ne manca solo uno, non si può insegnare. Come i punti della benzina, insomma. Questa situazione è intrinsecamente connessa alla domanda per l’inserimento in graduatoria, nella quale vanno inseriti gli esami sostenuti per il raggiungimento dei crediti suddetti. Allegare un certificato storico, sarebbe più veloce e sicuro. Invece no. Meglio scrivere fogli su fogli a mano. Del resto, siamo solo nel 2014. Mica nel futuro?
Quando ci si approccia a questa realtà si scopre un’altra cosa assai divertente e degna di nota. “Oggi si fa tutto on line” è il mantra di chi bazzica già da tempo in questa realtà, e che magari prima faceva tutto a mano. Comodo, penserete. Già. Peccato che, quasi a giorni alterni, i siti preposti non funzionino. E allora chiediamo aiuto. Ma a chi? Non si sa. Ma davvero! Nessuno lo sa.
E non parliamo del tfa. Le cui domande del test preselettivo, per il quale bisogna pagare, sfidano l’inventiva e la sagacia del miglior Mike Bongiorno d’annata.
Infine un’altra cosa di cui mi sono reso conto è che queste domande le fanno tutti. Ma proprio tutti. Nessuno escluso. Perfino i più insospettabili. Quelli che un lavoro già ce l’hanno. Quelli che lavorano nelle aziende. Quelli che, non si sa perché, “facciamola, non si può mai sapere”.
Allora siamo davvero il popolo dei concorsi… e delle domande.

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