martedì 23 settembre 2014

Io odio l'estate

Con ottimo ritardo, e dopo settimane assai impegnative, torno a scrivere sul blog. Da tempo caldeggiavo l’ipotesi di lavorare a un pezzo sull’estate e sulle vacanze. Avrei voluto farlo ad agosto. Poi mi sembrava troppo presto, perché non volevo rovinare le ferie a nessuno. Quindi è arrivato settembre. Mi pareva il momento ideale, ma gli eventi hanno preso il sopravvento e il tempo mi è sfuggito di mano.
Volevo a tutti costi aspettare la fine dell’estate per dire che: io odio l’estate. Così nessuno mi avrebbe preso per pazzo e nessuno mi avrebbe detestato. Nessuno infine avrebbe pensato di me che sono un ipocondriaco, visto che, come ho già scritto, odio pure il carnevale.
La mia affermazione va però in qualche modo chiarita. Mica sono contrario al mare, al relax, o alla possibilità di conoscere posti nuovi? Tutt’altro. Non odio l’estate in quanto vacanza, è la messa in atto di quest’ultima che onestamente mi preoccupa.

martedì 22 luglio 2014

Vecchio a chi?

A volte ci succedono cose del tutto casuali, che tuttavia aprono spaccati inquietanti dentro di noi. Come se questi fatti ci facessero vedere cose che abbiamo sotto gli occhi, ma che ignoriamo di vedere. O magari neanche le conosciamo davvero. Sono completamente al di sotto della nostra soglia di consapevolezza. Tra poco capirete che il post di oggi è dedicato ai giovani come me. Perché siamo giovani, inutile fare sorrisini e faccette.
Vi è mai capitato di essere salutati da un adolescente? A me sì, capita spesso. Soprattutto in palestra. Onestamente ho sempre pensato di venire considerato un ragazzo. Non più adolescente, ma pur sempre un giovincello. Eppure non è così. Qualche giorno fa un ragazzino mi dice “Buonasera”. La mia reazione è stato una goccia di sudore gelido. Un brivido lungo il collo. L’uso allocutivo del cosiddetto ‘lei’ è stata una doccia fredda. Perché mai quell’adolescente non mi ha dato del ‘tu’? Eppure io sono giovane, ho pensato. Poi ho subito aggiunto, evidentemente non è così. Allora sono vecchio? Ma non lo sono mica? Allora il mondo mi vede vecchio? O forse solo i ragazzini?

venerdì 4 luglio 2014

Sere che...

Ci sono sere davvero speciali. Sere insperate. Sere che non ti aspetti. Sere che sembrano non fare nemmeno parte della stessa giornata. Sono le sere in cui chiudi un capitolo della tua vita. Oppure qualcosa finisce. Così. Semplicemente. E tu nemmeno te lo aspetti. O forse sì, ma quasi non vuoi crederci. Come se il tuo desiderio più nascosto, o il tuo sogno più bello, si stessero concretizzando. Come se d’un tratto tutto ciò in cui avevi sperato potesse essere visibile davanti a te. Eppure ne hai paura. Perché una meta agognata e quasi raggiunta spaventa. Si sa. Inutile negarlo.
Ci sono sere in cui la gioia fa paura. In cui essa si mescola alla tristezza. Sere in cui ti guardi indietro e hai i brividi. Perché un pensiero felice si insinua nella testa. Ti trapassa come un chiodo. Ma è solo. Terribilmente solo. Unico. E quasi non riesci ad esserne contento. Perché è così raro e prezioso che non vuoi romperlo. Vorresti custodirlo gelosamente dentro di te. Cullarlo. Averne cura. Innaffiarlo, nutrirlo. Proteggerlo e guardarlo. Fino a quando questa felicità non cresce e diventa forte. Visibile.

giovedì 19 giugno 2014

Siamo il popolo dei concorsi

Quello che negli ultimi giorni riempie la vita del sottoscritto è la costante presenza della modulistica per la scuola. Dalla domanda per l’inserimento in terza fascia (le supplenze insomma), fino ai moduli per l’improbabile test preselettivo del tfa (l’abilitazione). Lo faccio controvoglia, lo ammetto. Ma nessuna possibilità va esclusa. Soprattutto oggi, soprattutto per noi trentenni.
Non immaginavo però una serie di cose che ho visto e vissuto in questi giorni. Sono grottesche. Fanno ridere. Ma il sorriso è nero. Molto nero.
Innanzitutto è bizzarro che, a chi ha un dottorato, la legge italiana non dia nessun beneficio, se non dodici punti in più. Tre anni di ricerca e didattica universitaria non servono praticamente a nulla. Perché se per legge ogni dottorando è tenuto alla didattica universitaria, per quella stessa legge non può insegnare a scuola, né può considerarsi già abilitato. Nonostante sia vincitore di un concorso di livello superiore e nonostante, paradossalmente, abbia insegnato in varie forme all’università. Non voglio estendere il discorso alle pubblicazione scientifiche internazionali, perché quelle non vengono neanche considerate. Nemmeno un punto. Già! Un poverino che porta avanti la ricerca, da cui nasceranno i futuri docenti scolastici, che ne può sapere di come si insegna? Quello che conta sono i punti! E anche la patente europea per il computer. Che… scherziamo?! Per la legge sono queste le cose importanti che danno punti! E come me, in questa situazione, si trovano centinaia di persone.

lunedì 26 maggio 2014

Avere 30 anni

Mi sono chiesto parecchie volte cosa significhi avere trenta anni. Me lo sono domandato sempre più spesso da quando ce li ho. Ma soprattutto in concomitanza dei milioni di link che affollano i social,  come fossero amarcord. Un moderno tema dell’ubi sunt, in cui ogni volta ci si ricorda di chi eravamo o di come siamo cresciuti. Eravamo quelli dello ‘Ciao’ Piaggio e della ‘Nintendo Sessantaquattro’. Delle tartarughe ninja e dei power rangers. Ma chi siamo davvero oggi? Cosa sono questi trenta anni, al di là di ciò che siamo stati? Magari fosse facile a dirlo.
Credo che siamo quelli a cui la vita ha dato tanto, ma ha tolto lo stesso. Quelli cresciuti nel benessere, ma a cui la crisi ha tagliato i sogni. Quelli che si reinventano ogni giorno. Che vivono l’attimo, perché privati del domani. Siamo quelli del divertimento e delle feste. Degli aperitivi che si chiamano happy hours. Quelli delle palestre e del fitness. Quelli dei rapporti di coppia sempre più complicati. Non abbiamo vissuto la guerra, ma viviamo un momento storico altrettanto pesante. Siamo quelli che se non ci fossero mamma e papà, sarebbe dura. Troppo dura.

martedì 6 maggio 2014

Ah l'amore...

La riflessione di oggi arriva per caso, non voluta. Si è affacciata alla mia mente dopo una chiacchierata con un’amica. A dire il vero nasce perché lei ha colto, in quella lunga conversazione, più di quanto avessi fatto io stesso. Con sensibilità, ha intravisto qualcosa di prezioso (e la cito, non sono così autocelebrativo) su cui forse vale la pena scrivere due righe. Per riflettere ulteriormente. Ma anche per condividere con più persone qualcosa che penso e che forse ha davvero la forza di dire qualcosa agli altri. D’altra parte sono convinto che la scrittura serva proprio a parlare alla gente. A raccontare.

martedì 29 aprile 2014

Penso che...

Sono svariati giorni che manco dal blog. E le ultime cose che ho scritto sono stati dei soffi di romanzo. In genere i post avevano sempre un tema specifico di cui parlare. Una riflessione, un pensiero. O anche una semplice annotazione. Erano stati di animo e osservazioni. Forse erano anche ciò che la letteratura seria chiama flussi di coscienza. Erano un modo di dialogare con i lettori su qualcosa che osservavo o sentivo, e che mi andava di condividere. Anche perché chi scrive avverte il bisogno di parlare alla gente. Così ogni volta affrontavo un argomento che mi aveva stimolato, per qualsivoglia motivo. Personale, familiare, sociale. E trovavo chi la pensava come me, chi no. Ma il bello della vita è proprio la diversità delle opinioni. La polifonia del pensiero.